Resoconti e riflessioni
anche a margine degli Incontri del Centro.
“BENEDETTI E SPEZZATI”
Nel mese di gennaio si è svolto come ogni anno il Convegno Nazionale Vocazioni. Quest’anno l’incontro ha avuto questa titolo: “Quanti pane avete? Andate a vedere…”. Lo spunto è nato dall’icona della moltiplicazione dei pani nel racconto dell’evangelista Marco.
“Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i suoi discepoli dicendo:”Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare”. Gli dissero:”Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?”. Ma egli disse loro:”Quanti pane avete? Andate a vedere”. Si informarono e dissero:”Cinque, e due pesci”. E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i cinque pani e di due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono a sazietà, e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini”. (Mc.6,34-44)
In relazione a questo brano mi ha fatto molto pensare la riflessione guidata dal monaco benedettino Anselm Grun sul tema:”Una comunità cristiana guarita, educa con gioia alle scelte di vita”.
Don Leonardo D’Ascenzo vicedirettore CNV riporta l’intervento del monaco benedettino sul periodico “Settimana” Settimanale di attualità pastorale:
“Analizzando il tema di Marco, Grun ha osservato che non è tanto una moltiplicazione di pani per coloro che avevano dimenticato il pane, ma un’epifania della gloria di Dio. Solo spezzando il pane le folle possono ricevere il cibo di cui hanno bisogno. Compimento di questo prodigio è la morte di Gesù in croce, una morte che è fonte di vita. I presenti ricevono da Gesù cibo per il loro corpo e per la loro anima. Anche il nostro annuncio dovrebbe nutrire le persone, rincuorarle più che opprimerle.
Il monaco ha così commentato il gesto dello spezzare il pane e della distribuzione da parte di Gesù:
- prese il pane: abbiamo già preso l’amore dei genitori, di Dio. Fare l’esperienza di sentirci da loro accettati ci porta ad accettare noi stessi;
- benedisse il pane: siamo persone benedette. Dio ha detto parole buone su di noi: nel battesimo si è compiaciuto di noi. Essere benedetti determina che la vita divenga fruttuosa e, quindi, a nostra volta diveniamo benedizione per gli altri;
- spezzò: siamo uomini spezzati, le nostre ferite lo attestano. Queste possono essere un’opportunità: dove siamo spezzati vanno in frantumi le maschere, le corazze. Rimanere dietro la corazza significherebbe essere incapaci di amare;
- diede il pane ai suoi discepoli: anche noi dobbiamo donarci, ma possiamo farlo solo se prima abbiamo ricevuto. ‘E’ necessario “ricevere” e “donare”, i due movimenti sono fondamentali entrambi: chi solo prende rimarrà soffocato, ma chi solo dà rimarrà esaurito. Benedetti e spezzati per poter donare la benedizione ricevuta. Siamo sulla terra perché abbiamo una missione, non possiamo ruotare solo attorno a noi, prima o poi ci sentiremo isolati”.
Facciamo nostro questo invito di Anselm Grun: la nostra vita diventerà sempre più profumata e gustosa se sapremo diventare per gli altri pane benedetto e spezzato. Buona missione a tutti!
Annalisa
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UNA GRANDE MANO
UNA GRANDE MANO
“In un viaggio in auto attraverso le montagne particolarmente spettacolari accadde quanto segue: in macchina c’erano il Coltivatore di Caffè, l’Aiutante e io. Stavamo salendo su una ripida collina. Davanti a noi camminava una giovane donna nera. Era incinta, molto grossa, aveva un bambino sulla schiena e ne teneva un altro per mano. Camminava lentamente. Comprensibile. Capii che i due uomini letteralmente non avevano visto la donna. Il suo stato di bisogno era invisibile ai loro occhi.
<Cosa ne pensereste di darle un passaggio?>. La mia voce vibrava di sdegno, l’accumulo di settimane di rabbia, di anni di vecchia rabbia provatala giovane e di quella sorta sul momento. Sapevo che non le avremmo dato un passaggio. <Sa bene che lei non se lo aspetta>.
<E lei non potrebbe stabilire un precedente, magari?>.”
(Doris Lessing, Sorriso africano,
Feltrinelli, Milano 1994)
Questo brano l’ho letto sul mensile internazionale dei Gesuiti “POPOLI”
giugno-luglio 2011 ed ho immaginato davanti agli occhi, in modo molto realistico, la scena descritta. A questo punto ho fatto una riflessione molto semplice: sarebbe bastato allungare una mano per fare salire quella donna sul camion ma lei era “invisibile” agli occhi di questi uomini.
Forse questo non accade solo in Africa ma anche nelle nostre città, nei nostri paesi; forse
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molte persone che ci sono vicine sono invisibili ai nostri occhi, non ci accorgiamo della loro presenza, delle loro necessità, dei loro bisogni. Allungare una mano è possibile, tutti lo possiamo fare, un giorno sarà capitato o capiterà che anche noi avremo bisogno di questo semplice gesto e allora impegniamoci sin da ora a realizzarlo con chi è vicino a noi.
“Se non puoi essere un albero,
sii un cespuglio.
Se non puoi essere una autostrada,
sii un sentiero.
Se non puoi essere il sole,
sii una stella
Sii sempre il meglio di ciò che sei,
cerca di scoprire il disegno ,
che sei chiamato ad essere,
poi mettiti con passione
a realizzarlo nella vita”.
Annalisa 2011
Marzo 2010
INSEGNACI
A PREGARE
Nell’ultimo appuntamento diocesano del CDV (Centro Diocesano Vocazioni) e
precisamente con il gruppo Sìcar (gruppo orientamento vocazionale alla vita per ragazze dalla terza media alla quarta superiore) ci siamo fermata a riflettere su un argomento essenziale per la nostra vita di cristiani: la preghiera. Abbiamo preso spunto da Luca 11,1: ‘Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: “Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli”.
Pregare è un po’ come pensare, se nessuno ci insegnasse a pensare rischiamo di ripetere per tutta la vita i pensieri degli altri senza scoprire la bellezza di elaborare, di creare nuovi pensieri. Così è per la preghiera: ogni giorno siamo chiamati a far emergere dal segreto del nostro cuore una preghiera semplice e sincera che sale direttamente a Dio.
Pregare è aprirsi al perdono che Dio vuole donarci.
Pregare è prendere coscienza delle parole che Dio ci comunica attraverso la sua parola, ma è anche ascoltare ciò che ci suggerisce a proposito dei fatti della nostra esistenza.
Pregare è scoprire che Dio ci ama.
Pregare è trovare il tempo di fermarsi, di ripensare, di riordinare davanti al Signore le giornata, le ore, gli avvenimenti.
La preghiera è un’esperienza che anche nel corso degli anni mantiene sempre integro il suo fascino e la sua misteriosità. Non si finisce mai di scoprirla. E il modello di ogni preghiera è sempre lui, il Cristo! Gesù Cristo però ci invita ad arricchire la nostra preghiera mettendo tutta la nostra originalità e unicità di persona.
Stefania una giovane che fa parte dell’equipe del gruppo Sìcar, parlando della preghiera, ci ha donato questo pensiero che nasce dal suo cuore: “I discepoli hanno chiesto a Gesù di insegnare loro a pregare. Gesù non solo ci insegna a pregare ma ci dà la sua luce. Chi è illuminato a sua volta diventa luce per gli altri. Noi facciamo luce solo se rimaniamo vicini a Gesù. Attraverso la preghiera il Signore accende qualcosa in noi che non può rimanere nascosto. Chi ci sta accanto non può non vedere questa luce. Bisogna però stare attenti: noi non siamo luce ma attraverso la preghiera costante Gesù ci illumina. Non bisogna agire con lo scopo di mettersi in mostra: ad esempio la candela non si preoccupa di essere vista, semplicemente brucia e bruciando illumina”.
A conclusione della giornata le ragazze hanno sintetizzato i loro pensieri in questa frase: “Nella preghiera c’è Amore, nell’Amore c’è il Silenzio, nel Silenzio c’è Dialogo, nel Dialogo ci sono Felicità e Amicizia”.
Concludo con un breve episodio che però ci fa scoprire ancora una volta quanto sia essenziale imparare a pregare.
“Ho letto nei quaderno dell’Abbè Farrel un episodio molto curioso. In questo periodo egli sta parlando molto sull’insegnare anche ai bambini piccoli a pregare. E l’ultima volta raccontava di una nonna che porta un nipotino in chiesa, lo inginocchia lì vicino a lei, poi si mette a parlare e a pregare. Quando ha finito dice al bambino: “Carletto, adesso andiamo”. Il bambino risponde:” Aspetta, aspetta ancora un po’, non ho ancora finito”. La nonna pazienta un po’ e poi dice:”Carletto, andiamo”. Lui risponde:”Non ho ancora finito. Pazienta ancora un po’”. Infine Carletto si alza. Quando escono dalla chiesa, la nonna chiede spiegazioni:”Carletto com’è che non ti alzavi?”: Carletto risponde: “Sai, stavo raccontando a Gesù la favola di Cappuccetto rosso e non avevo ancora finito”.
Questo episodio dell’Abbè Farrel fa capire che a questo bambino si era incominciato a insegnare la cosa più importante della preghiera: la preghiera deve far comunicare con Dio.
Annalisa
IL NOSTRO CREDO NELLA PREGHIERA
Credo che la preghiera non è tutto
ma che tutto deve cominciare dalla preghiera:
perché l’intelligenza umana è troppo corta
e la volontà dell’uomo è troppo debole;
perché l’uomo che agisce senza Dio
non dà mai il meglio di se stesso.
Credo che Gesù Cristo, dandoci il “Padre Nostro”,
ci ha voluto insegnare che la preghiera è amore.
Credo che la preghiera non ha bisogno di parole,
perché l’amore non ha bisogno di parole.
Credo che si può pregare,
tacendo, soffrendo, lavorando,
ma il silenzio è preghiera solo se si ama,
la sofferenza è preghiera solo se si ama,
il lavoro è preghiera solo se si ama.
Credo che non sapremo mai con esattezza
se la nostra è preghiera o non lo è.
Ma esiste un test infallibile della preghiera:
se cresciamo nell’amore,
se cresciamo nel distacco dal male,
se cresciamo nella fedeltà alla volontà di Dio.
Credo che impara a pregare
solo chi impara a tacere davanti a Dio.
Credo che tutti i giorni dobbiamo chiedere al Signore
il dono della preghiera,
perché chi impara a pregare
impara a vivere.
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